Il Social che manca

Questo articolo è nato da un confronto con ChatGPT. Mi piace pensare che anche questa possa essere, in piccolo, una forma di costruzione condivisa.

Il social che manca


C’è una cosa che ogni tanto mi torna in testa, quando guardo il mondo che si agita. Quando leggo le dichiarazioni dei politici, gli insulti sui social, le guerre di parole che ormai sembrano l’unico modo di comunicare.

Mi è tornata in mente in questi giorni, leggendo le parole di Friedrich Merz — futuro cancelliere tedesco — che ha detto: “Gli Stati Uniti non sono più nostri amici.”
E quelle di Trudeau: “Dobbiamo prepararci a un mondo in cui gli USA non sono più un partner affidabile.”

Le capisco, queste parole. Sono realiste. Probabilmente inevitabili.

Ma non mi piacciono.

Mi danno un senso di sconfitta.

Come se fosse normale, nel 2025, rassegnarsi all’idea che le nazioni siano destinate a guardarsi in cagnesco. Come se non ci fosse alternativa al mondo dei blocchi, dei muri, dei dazi, dei sospetti reciproci.

E allora, come sempre, mi sono chiesto: ci sarà qualcun altro che, leggendo quelle parole, ha sentito lo stesso dispiacere? Lo stesso piccolo dolore?

Non lo so. Ma se ci siete, là fuori, ho un pensiero da condividere.

Un pensiero molto semplice, e forse un po’ ingenuo.

Che succederebbe se esistesse un luogo — magari online — dove le persone si incontrano con una sola regola generale: qui si costruisce?

Niente insulti. Niente sfoghi distruttivi. Niente “io contro te”. Niente fama personale.

Un social per chi prova a trovare un punto di incontro, anche partendo da posizioni lontanissime.
Un social dove non conta chi ha scritto una cosa, ma quanto quella cosa aiuta a costruire qualcosa insieme.

Un social dove:

  • non ci sono profili da seguire
  • non ci sono like da collezionare
  • non ci sono follower da contare
  • non c’è guadagno personale, né in soldi, né in reputazione
  • c’è solo l’idea, e quanto quella idea riesce ad avvicinare le persone invece di allontanarle

Un social senza influencer. Senza polemiche. Senza tifo.

Solo persone che provano a ragionare insieme.

Non per essere tutti d’accordo — che sarebbe noioso — ma per essere almeno costruttivi. Per dire: “Questo è il mio pezzo. Questo è il tuo. Come facciamo a farli stare insieme?”

Lo so. Sembra un’utopia.

Perché Internet oggi funziona all’opposto: più urli, più esisti. Più dividi, più monetizzi.

Ma proprio per questo, forse, sarebbe bello che da qualche parte esistesse un angolo diverso. Un piccolo spazio dove esercitare un’altra abitudine: quella di costruire invece di demolire.

Un social per chi non ha bisogno di avere ragione. Per chi non ha bisogno di vincere. Per chi ha voglia, semplicemente, di lasciare il mondo un po’ più ordinato di come l’ha trovato.

Non so se un posto così potrebbe davvero funzionare.

Forse sarebbe deserto.

Forse sarebbe lentissimo.

Forse sarebbe noioso per chi vive a colpi di adrenalina e notifiche.

Ma so che io, un posto così, ogni tanto lo verrei a visitare.

E magari, senza fare rumore, ci troverei qualcun altro.

Qualcuno che ha letto parole come “non siamo più amici” e si è detto: “Peccato.”

PS: Se anche voi avete pensato “Peccato”… se anche a voi manca un posto così… fatemelo sapere, nei commenti o dove volete. Tanto per cominciare a contarci.

3 pensieri su “Il Social che manca”

  1. Non mi sono mai sentito particolarmente “amico” degli Stati Uniti pur riconoscendo che, in confronto all’URSS, l’allora controparte nella guerra fredda, stavo dalla parte occidentale senza esitazioni. Posso capire che non ti piacciano le considerazioni di Merz e Trudeau ma, forse, dovremmo esprimere meglio il tuo e nostro disappunto: “Siamo esterrefatti dalla politica di Trump, Vance e Musk che ritengono gli europei una massa di fotti-compare nei confronti degli americani”. È per causa loro, dunque, che sembra essersi ridimensionata, se non del tutto infranta, la reciproca amicizia. Come potrebbe esplicitarsi, dunque, il nostro “dispiacere” che ha il sapore di una sconfitta? Provando, forse, a convincere gli elettori americani che hanno fatto un’enorme minchiata scegliendo, in modo democratico, il loro presidente ed i suoi sconsiderati sodali che vogliono, come primo obiettivo, affossare proprio la democrazia? Mi pare, personalmente, un’ipotesi del tutto irrealistica poiché non sono riuscito – e non riesco ancora – a far cambiare idea neppure a quegli italiani che, a loro volta ed a mio parere, hanno scelto, in modo democratico, il peggio tra i politici presenti sul nostro mercato. Ancor di più, è frustrante constatare che non trovo il modo giusto per far capire a più del 50% dei miei compatrioti quanto sia stupido e masochistico non entrare in un seggio per scegliere chi ci governerà. Sono miei limiti, mi rendo conto, ampiamente coadiuvati, però, dall’indubitabile ritorno dell’individualismo e dell’egoismo che sono alla base dell’astensione massiccia. Si potrebbe controbattere che la vera responsabilità è proprio di chi fa politica, di quelli che sembrano lontani dai problemi quotidiani delle persone, che appaiono, sempre più, “tutti uguali e privi di valori distintivi, corrotti e avidi solo di potere”. Vero, in parte: la prima ragione, insisto, è il ritiro in se stessi, a quello che mi conviene oggi, al singolo “hic ed nunc” che non considera importante il passato e, paradossalmente, neppure il futuro.

    È ovvio che, partendo da tali premesse, mi appare illusorio immaginare un luogo in cui “le persone si incontrano con una sola regola generale: qui si costruisce”. Non parteciperebbero quelli che la pensano diversamente – la grande maggioranza, temo – né quelli che proprio non partecipano per scelta o per rassegnazione. Sarebbe, purtroppo, un luogo, fisico oppure on line, puramente autoreferenziale dove “gli ultimi mohicani” si parlerebbero addosso e … niente di più. Troppo pessimista? Forse si, dato che, nonostante tutto, ho intenzione di intervenire a qualsivoglia prossima elezione o referendum in cui esprimere una scelta concreta o perché, più semplicemente, scrivo ancora un commento sul tuo blog!

    1. Forse stiamo dicendo la stessa cosa, comunque preciso la mia: non si può dare la colpa ai politici, neanche per non essere abbastanza “accattivanti” (nel caso di quelli buoni) per essere eletti. Il problema è nella miopia/latitanza degli elettori. Secondo me un luogo di dialogo in cui sia proprio il “modo” la proposta: qui ci si incontra con delle regole gentili, non violente, questo è un luogo di dialogo e non di urla, questo è un luogo che costruisce ragionamenti, che fa affiorare idee. Ecco, secondo me servirebbe. Sarebbe popolato da quattro gatti, inizialmente. Forse meno. Ma non importa: crescerebbe.

  2. Io ci sto!

    E voglio la tessera di socio co-fondatore.
    Vabbè, facciamo la n.3, dopo PiGreco 🙂

    Seriamente, pur condividendo la tua proposta, Vins (anzi mi piace molto!), mi sono chiesto se io in prima persona ne sarei capace di mantenere lo status di partecipante al tuo Social.
    Cioè, aderirei con entusiasmo, ma poi…? Resterei sempre lucido da distinguere cosa è “costruttivo” da “attacco alla persona”?
    Ci sarà bisogno di una moderazione?
    E chi modera i moderatori? (citando il mitico fumetto Watchmen)

    Ma queste utopie mi piacciono. Proviamoci! …o almeno pensiamoci, parliamone.
    Anche un certo Zuck ha iniziato così, no? 😉
    A proposito, in quale linguaggio stai sviluppando questa tua piattaforma?

    PS: mi sfugge il coinvolgimento di chatgpt nella stesura di questo tuo articolo… hai dialogato con lui e poi hai trascritto le idee scaturite?

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