Il Papa e la guerra

Papa Francesco guerra e pace.

Travaglio e Bergoglio

Ho appena letto un editoriale di Travaglio sul Fatto, deve essere di qualche giorno fa: l’ho letto riportato su FB, in cui se la prende con quelli che ora santificano Francesco, mentre quand’era in vita non ne rispettavano gli insegnamenti. Mi ha spinto a qualche riflessione che provo a esprimere qui.

Io non sono d’accordo con Travaglio su moltissime cose e anche su Papa Bergoglio, sul suo operato, ho forti remore. Sicuramente ha portato dei miglioramenti a quella strana organizzazione che è la Chiesa, ma partiva da uno stato talmente arretrato rispetto ai tempi che viviamo, che giudico il risultato largamente insufficiente. Lo dico con tristezza, perché penso che di una Chiesa l’umanità avrebbe grande bisogno, ma certo non di una Chiesa come questa. Non mancherà occasione di parlarne. Qui volevo concentrarmi sul tema della guerra.

Porgere l’altra guancia

Io trovo bellissimo il messaggio di Gesù di Nazareth, anche quando invita a porgere l’altra guancia, a non odiare, anzi, ad amare anche i nemici. Ma Gesù parla ai singoli individui, al cuore delle persone, non alle nazioni. Si guarda bene dal fare il politico, rifiuta sistematicamente di diventare un leader di quel tipo. Lo rappresenta bene l’episodio del “Date a Cesare quel ch’è di Cesare”, il regno di Dio non è il regno di Israele ripristinato.

È giusto chiedersi che rapporto c’è tra questa visione del mondo che porta a un comportamento mansueto, folle per certi versi, di un individuo e le scelte di una nazione. Secondo me il legame non può essere così diretto.

Io credo che l’invito di Gesù porti a un comportamento da martire. Non è banalmente sottomissione, non è viltà. E non credo sia neanche una lotta pacifista, alla Gandhi per intendersi. Non c’è calcolo, se non quello di affidarsi a Dio. Non è un “mi lascio sopraffare perché tu capisca”, ci sarà probabilmente anche quel risultato, ma mediato da Dio: quel risultato sarà ottenuto se Dio decide che lo sia. L’invito di Gesù è “non preoccupatevi di tutte queste cose, non preoccupatevi di accaparrare beni, di essere derubati, neanche di essere percossi … le cose importanti sono altre”.

L’utopia religiosa e quella politica

Ora, a me è chiarissimo che se tutti gli individui del mondo adottassero questo stile di vita avremmo costruito una specie di paradiso. Gesù lo chiamava Regno di Dio e credo pensasse a una cosa molto terrena. Non avremmo più guerre, non avremmo neanche più bisogno di leggi e gendarmi. La prima comunità cristiana ha anche provato a trasferire questo modello in un modello organizzativo. Fallito, per quel che vediamo. Ma siamo ben lontani da quello. La Chiesa di cui sento la necessità è quella che continui a predicare questa utopia fino a che si concretizzi, ma il bersaglio di questa predicazione non può che essere il cuore di ogni persona.

Le organizzazioni che oggi reggono il mondo, le nazioni, stanno in piedi seguendo altri criteri, meno diretti, ma, secondo me, comunque buoni. Forse stanno camminando verso lo stesso obiettivo: quello di una pace universale, quello in cui individui maturi sappiano bilanciare il bene comune con le necessità individuali, ma anche per loro il cammino è lungo.

Abbiamo già fatto molti passi avanti: non ci prendiamo più a randellate col vicino di casa, e neanche ci sono guerre tra il mio paesino e quello poco più in là. Grazie all’Europa gli italiani non fanno più guerre contro i Tedeschi e lo stesso è successo tra Virginia e Pennsylvania. Immagino cose analoghe siano successe in grandi paesi come India e Cina. Magari è scorso del sangue, ma il risultato sembra buono. Ora siamo alle fasi finali, magari capiremo che l’obiettivo da perseguire non è sopraffare qualcuno, ma evitare le guerre. E per il momento anche le armi, usate come deterrenti, possono essere strumenti validi per arrivare alla pace, soprattutto nelle mani di diplomatici capaci.

In questo processo l’attitudine degli individui è importante, per questo dico che una Chiesa che funzioni farebbe molto bene al mondo. Ma il legame tra la sensibilità degli individui e le scelte dei governi non è diretto. È mediato dalle organizzazioni di governo, dalla politica. Nel caso delle autarchie è un legame spesso inesistente.

Per arrivare alla pace abbiamo bisogno di individui che vogliano un mondo unito e di sistemi di governo veramente democratici. Il porgere l’altra guancia a questo livello non è né attuabile né utile.

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