La scorsa domenica ho partecipato a una conferenza, tenuta da Vito Mancuso presso la Casa della Madia, la nuova comunità fondata da Enzo Bianchi. Il titolo della conferenza era Quello che finora ho capito sulla gioia di vivere.
Bellissima, ma non mi aspettavo di meno.
Quello che voglio fare qui è raccontarvi cosa mi è rimasto, più qualche nota di colore. Quello che mi è rimasto non è necessariamente quello che ha detto Mancuso, ho sicuramente filtrato il suo discorso con il mio modo di vedere, con le mie esperienze precedenti e ho sicuramente aggiunto dell’altro. Ma vi metto il video della conferenza, che vale la pena di ascoltare. https://www.ilblogdienzobianchi.it/blog-detail/post/382765/quello-che-finora-ho-capito-sulla-gioia-di-vivere
Ci sarà anche qualche critica, qualcosa che per me stonava, ma forse anche queste sono critiche a quello che ho capito io.
E voglio parlare anche di un’altra cosa, la coscienza, semplicemente perché è un’idea che mi è venuta mentre Mancuso parlava: mi è venuta digerendo cose che ha detto lui.
Casa della Madia

Ero con due amici: Top e Antonio. Ci siamo andati perché eravamo tutti e tre interessati, oltre che ovviamente a Vito Mancuso, a dare un’occhiata a questa nuova comunità. Io, in questo periodo, sento piuttosto forte la necessità di un momento di riflessione, di preghiera con altri, ogni tanto. Ho girato le varie parrocchie del circondario senza trovare un posto capace di soddisfare questa esigenza – non è una critica a quello che si fa lì, semplicemente quello che ho trovato non si sposa con la mia esigenza, magari ne riparleremo – e una delle motivazioni per me era anche “vediamo com’è lì”.
Il concetto stesso di comunità, di modo diverso di vivere, mi ha sempre affascinato. Dico modo diverso di vivere rispetto al matrimonio, alla famiglia tradizionale. L’idea che più persone condividano, gli spazi in cui vivono (idea alla base non solo di esperienze di stampo religioso, ma, ad esempio, nel cohousing o negli eco-villaggi) la trovo molto bella. La condivisione dei beni e del lavoro ancora di più.
Le prime comunità cristiane erano forme di convivenza di questo tipo, comprendevano all’interno della comunità anche coppie, famiglie.
Insomma, avevo un po’ di curiosità sul come si vive lì, com’erano le persone che fanno una scelta di quel tipo. Curiosità non appagata, c’erano molti partecipanti all’evento e non ho avuto modo di parlare con nessuno della comunità, ma ci tornerò.
Quello che ho visto è un bell’orto coltivato e una bella funzione religiosa a metà dell’incontro, appena prima del pranzo. Funzione fin troppo ortodossa per i miei gusti: la recita del credo a me continua sembra più un elenco di eresie da condannare che un riunirsi intorno a un mistero. Un sottolineare quello che ci divide da altri anziché quello che ci unisce. Qui l’hanno addirittura salmodiato.
La predica di Enzo Bianchi mi è sembrata molto incentrata sul pessimismo, sul mondo che va male per colpa di pochi potenti. Va bene che era la giornata in cui la Chiesa celebra la Croce, ma con una conferenza che parlava di gioia non si sposava granché.
C’è stata anche una certa disorganizzazione: probabilmente avevano accettato troppe persone rispetto alle loro capacità di accoglienza. Trovare un posto per sedersi è stata un’impresa. Per non parlare del pranzo. Ad un certo punto, mentre aspettavamo da mangiare abbiamo disperato di ricevere qualcosa e siamo andati a farci due spaghetti a casa di Top, che abita lì vicino. Conditi con l’ottimo ragù preparato dalla comunità: quello è decisamente consigliato. Insomma, bel momento anche il pranzo.
La conferenza sulla gioia
Secondo Mancuso la gioia di vivere è l’armonia tra l’anima e la psiche. Ripeto, non so se ha voluto davvero dire questo, ma a me così suona bene. Ha iniziato dividendo l’uomo in tre: fisico, psiche e anima. Il fisico è quello che si vede, si tocca. La psiche è la sede delle emozioni, le ha anche elencate (Paura, Sorpresa, Amore, Disgusto e credo un’altra, forse Tristezza), lo so basterebbe andarsi a riguardare il video, ma il fatto che non mi sia rimasta è in fondo quello che voglio trasmettere.
Ecco, già questo spezzettare, analizzare, in fondo mi dà un certo fastidio. Capisco che lo studio, la razionalità si nutra di elenchi e diagrammi, ma ho poi bisogno di una sintesi non razionale, soprattutto su questi temi. E penso (ma probabilmente lo pensa anche lui) che tra corpo e psiche e anima non ci siano salti: sia un continuo.
E poi c’è l’anima, di cui ha parlato a lungo. Del termine che deriva da vento in praticamente tutte le religioni, del vento che è simbolo di libertà e del fatto che l’anima in fondo è Dio. Non è un pezzo di noi che parla con Dio: è propio Dio. L’aspetto di Dio che riusciamo a percepire (forse questa è già mia, non so, comunque mi piace).
Il discorso sulla gioia parte dal piacere. Il piacere lo prova la nostra parte fisica. Piacere e dolore sono gli strumenti che abbiamo per capire quali alimenti è meglio mangiare, servono a ricordarci di non andare a sbattere con violenza sugli oggetti intorno e che è meglio che ci riproduciamo se no la nostra specie finisce. No, lui non l’ha detta così, ripeto: guardatevi il video.
Le emozioni, la psiche si incastrano su questo, arrivano con la consapevolezza e, secondo me, sono l’integrale, la media, il ricordo delle sensazioni. La felicità (l’emozione di cui stiamo parlando) misura quanto piacere e quanto dolore abbiamo provato di recente, se c’è stato abbastanza piacere ci sentiamo felici: le cose stanno andando bene. Ovviamente man mano che l’intelligenza dell’animale diventato uomo aumenta, la cosa si fa più complessa: a determinare l’emozione di felicità concorrono altre cose: avere buoni rapporti sociali, essere stimato, possedere ricchezze, sono cose che aumentano la felicità … per poco.
La felicità, potremmo dire, non è solo una media dei piaceri vissuti (come un integrale), ma anche una misura del cambiamento, quasi come una derivata: se tutto resta sempre uguale, l’emozione tende a spegnersi. È l’accelerazione, la novità, che alimenta il senso di felicità.
Alla fine è vero: il denaro non dà una felicità duratura, dovrei averne sempre di più e questa crescita non può durare all’infinito.
Per fortuna c’è l’anima.
L’anima, abbiamo detto, è il nostro cordone ombelicale con Dio, col tutto. Ci offre un’altra forma di emozione, più eterea, indistinta, impalpabile, ma anche più profonda: la gioia.
E la gioia misura (cresce con) l’armonia tra il nostro modo di vivere e il mondo di cui facciamo parte.
Non abbiamo bisogno di precetti che ce lo impongano: se vogliamo bene a qualcuno, aiutiamo chi sta peggio, cerchiamo di stare bene, di sfruttare le nostre capacità, se evitiamo di sopraffare gli altri, se ci meravigliamo del mondo, se non ci preoccupiamo troppo del domani, se perdiamo tempo a giocare con un bambino o accarezziamo un cane … proviamo gioia.
E no, lui non l’ha detto così: andatevi a guardare il video.
Le critiche
Una l’ho già fatta: questo elencare, spezzettare, analizzare a volte lo trovo distante dal modo in cui mi piace imparare. Forse è legata anche a una cosa che ha detto proprio durante la conferenza: sulla necessità di studiare, di applicarsi per conoscere. Quella che traccia lui è una via per studiosi. Secondo me la pienezza nell’assaporare la dimensione spirituale è offerta a tutti, anche a chi non ha studiato granché e non vuole/può farlo.
L’altra critica è che presenta una visione un po’ troppo pessimistica del mondo attuale. Non ricordo neanche a che proposito è entrata nel discorso, ricordo solo che ha parlato di Gaza, di come questo genocidio sia l’evidenza che il mondo è a catafascio.
Ecco, non mi piace. Ovviamente Gaza, o l’Ucraina o le tante altre guerre e gli esempi di sfruttamento e i Maga e nostalgici del fascismo al potere e quant’altro non denotano un momento felice per l’umanità – ce ne saranno mai stati? – Ma credo che lo sguardo dell’anima, il guardare il mondo attraverso l’anima, debba portare ad assumere una prospettiva “da Dio”. Persino guerre e malattie possono essere lette come passaggi dolorosi ma inseriti in un’evoluzione più ampia: un’umanità che si organizza in comunità sempre più vaste, un corpo vivente che si adatta e si ripara, una specie che sperimenta, sbaglia e impara.
Insomma, non si può essere pessimisti guardando il mondo, se lo si guarda da lì.
Dal mio punto di vista la gioia si nutre principalmente di questo.
I commenti dei partecipanti
Questo è di nuovo una critica all’organizzazione. Avrei voluto dire questa cosa sul pessimismo e non c’è stato tempo: non sono di quelli che sgomitano. Forse serviva un qualche sistema di prenotazione, non so. E forse anche un “triage”: io di ascoltare quelle domande sull’esistenza dell’inferno avrei fatto anche a meno, mi sembrava ovvio quello che avrebbe risposto.
La coscienza
Ecco, mentre parlava Mancuso, mentre frantumava l’uomo in tre pezzi, corpo, psiche e anima, mi è venuta in mente una cosa. Mi sembra simpatica e la registro qui.
Cos’è la coscienza?
Ho accennato prima al fatto che è servito un progressivo aumento di consapevolezza perché l’animale, futuro uomo, costruisse questo meccanismo che fa la media dei momenti di piacere per generare un’emozione nuova, la felicità. Col tempo ha incluso in questo calcolo anche cose come la stima sociale, la quantità di beni a sua disposizione. Mi sembra che il mio cane non lo faccia: se ha un surplus di ossa a volte le sotterra, ma mi sa che se ne dimentica, non mi sembra spinto dalla necessità di accaparrare per il futuro. L’uomo invece lo fa e immagino sia un’altra cosa che ha una valenza positiva di fondo: serve a sopravvivere ai momenti di magra. Diventa problematico quando si trasforma in ossessione, paura.
Aumenti di consapevolezza, dicevo. La coscienza è un ulteriore passo in avanti. È la consapevolezza dell’anima. E se diciamo che l’anima è Dio – la parte di quel continuo che è l’uomo che più si avvicina all’oceano di cui siamo increspature – beh allora la coscienza diventa il sistema di monitoraggio di questo giunto tra mondo interiore e Cosmo/Tutto/Assoluto/Dio.
L’immagine, la metafora che mi viene in mente è quella di una videochiamata sul cellulare. Nella finestra principale vediamo il mondo con i nostri occhi, le nostre sensazioni: è come se Dio guardasse attraverso di noi. Nel riquadro più piccolo, invece, vediamo riflessa la sua prospettiva: un segnale discreto che ci suggerisce cosa fare, come interpretare ciò che viviamo.
E se uso la telecamera che punta verso di me, se faccio un selfie – succede nella preghiera, nella meditazione – allora è Dio che ci rimanda l’immagine del mondo visto dalla sua prospettiva: un mondo che ha senso.
Un mondo di gioia pura.

Intanto GRAZIE.
Io sono quell’Antonio dei tre e condivido buona parte del tuo racconto e delle considerazioni.
In quanto alla tripartizione io la vedo nel senso di cio che è qui ed ora è di cosa è sempre ed ovunque. quello che unisce i 3 è l’esperienza dell’Attivo Eterno condiviso, ma ora è tardi … da Oporto passo e chiudo.